L’Intervista: a Musica Ribelle il Blog, gli HOKA HEY freschi di pubblicazione. “II” il nuovo EP

E’ stato un grande piacere conoscere questa realtà musicale e scoprirne le qualità a conferma (ormai è un dictat del blog) che oltre le classifiche, c’è un mondo rampante di grande qualità, di forza, di innovazione.

Gli Hoka Hey sono Emidio De Berardinis (voce, testi) e Marcos Cortelazzo (produzione musicale). Recentemente, il 19 maggio scorso, sono usciti con un album, “II“, che ha tutte le caratteristiche per considerarsi premonitore. Premonitore su questo pazzo, folle, indescrivibile, assurdo periodo di emergenza sanitaria. Il loro EP conteneva già piccole tracce di ciò che oggi è tra noi, ad iniziare da quello che è sempre stato lo slogan, nel mondo, “Andrà tutto bene”. E’ ovvio che abbia chiesto loro come sia accaduto

Emidio: è andata che bastava osservare ciò che stava accadendo fuori per accorgersi di ciò che stava accadendo dentro l’inconscio collettivo. Attaccamenti, desideri, basse pulsioni, egoismi, consumismo sfrenato, basse emozioni, bassi pensieri. Rabbia, paura, confusione, disordine. Divampavano i fuochi sulla terra. Osservo e scrivo, nel micro, per far arrivare meglio il messaggio, di relazioni, siano esse tra fidanzati o tra madre e figlio, come in questo caso. Nel macro, quello di cui parla il brano e non solo questo, è la ricerca e la scelta di stare dalla parte dell’anima, medicina universale affinché “andrà tutto bene” in ogni situazione”

Siete una realtà musicale abbastanza giovane, in tutti i sensi. Ma sono serviti ben 8 anni perché si costituisse il vostro gruppo, il vostro duo. Dal 2010 al 2018, come mai?

Maku: In realtà posso dire che gli Hoka Hey sono come una costola dei LAIKA Vendetta che è sempre esistita. Oggi con gli Hoka io scrivo la musica ed Emidio porta i testi. Quando eravamo nei Laika a volte già succedeva così, altre eravamo tutti e cinque a scrivere la musica. Insomma allo sciogliersi della nostra vecchia band, era già sottointeso che io e Mimì avremmo continuato. Sai quelle cose che non te ne rendi conto mentre crescono e te ne accorgi solo quando le hai tra le mani? Ecco, così ti posso spiegare il perché di questa lunga gestazione :)”

…che io trovo affascinante, è il senso della vita, un divenire, in una ragnatela di eventi e incontri. Tra l’altro il vostro rock mi ricorda i Negramaro, non so se qualcun altro ve lo ha ancora detto, la stessa energia, lo stesso mix tra elettronica/tecnologia e le basi ‘veraci’ appunto del genere musicale da voi utilizzato per esprimervi. E’ un ‘sentire’ sbagliato?

Maku: Ti parlo da produttore delle musiche e ti dico che questa tua sensazione arriva dal modo di cantare che ha Emidio in alcuni punti e da qualche arrangiamento con i chitarroni che faccio. Sicuramente c’è del tuo in questa sensazione, anche se non sei la prima a dirlo. Ti svelo che ogni tanto mi sono ritrovato a dire ad Emidio che “sto cantato è un po’ troppo Sangiorgi” ahah. Insomma anche se non ascoltiamo molto i Negramaro, diciamo che hai avuto una buona intuizione

Testi importanti, ma siete entrambi ‘di spessore’, dire’. Due personalità ‘piene’. E’ stato un vantaggio o una difficoltà trovare gli ‘accordi’ giusti?

Emidio: siamo la perfetta integrazione di due facce della stessa medaglia e l’esempio di come due personalità diverse possano creare e collaborare in amore. Ci sono stati e ci sono scontri, anche se sempre più di rado, anche molto accesi. Quei conflitti ci hanno permesso di armonizzare meglio le nostre differenze e soprattutto ci ricordano che non è nella personalità che va cercata la creazione. Quando siamo nel flusso creativo, quando ci rivolgiamo all’altro su quel piano, ci intendiamo meravigliosamente e fluidamente. Siamo un bell’esempio di come il bianco e il nero appartengano, poi, alla stessa luce”

Il singolo prescelto per lanciare questo vostro nuovo lavoro è “Respirare” dalle sonorità più marcatamente rock e, incredibilmente, il video, firmato dal regista tedesco Karl Holperl, sceglie come focus del racconto il mondo degli anziani, così duramente colpito durante la pandemia. Un piccolo frame iniziale fa intravedere o immaginare uno spazio all’interno di una residenza per anziani, mentre una sua ospite (una giovincella di almeno una 80ina di anni) si reca in palestra dove stupisce con la sua agilità, la sua voglia di vivere. Meraviglioso.

Di solito gli EP hanno nella loro formula una sorta di legame tra tracce, nascono un po’ come concept. Il vostro “II” lo è?

“Emidio: A me sembra sempre che ogni cosa che abbiamo realizzato sia un concept. Non è stata una scelta pensata, semplicemente i brani che ci convincevano di più e che erano pronti sono stati selezionati. La sorpresa, per uno come me che non crede nel caso ma in una attenta osservazione, arriva sempre dopo. Quando tiri le somme e ti accorgi che quello che hai messo insieme ha un filo conduttore comune con una propria voce, che ti sta parlando e ti sta dicendo qual è il messaggio che porta. Un essere completo prende vita e ha una sua identità, una sua storia, e parla da sé, di te, di tutti. A Maku piace la frase di J.Gilberto “sono un operaio della musica”. A me piace pensare di essere un “operaio dell’anima” e che, potenzialmente, lo siamo tutti”

Pur mantenendo la stessa struttura musicale, inconfondibile, ovviamente avete attraversato anche ritmi diversi, da quelli più serrati a quelli più ‘ballad’. In quali la vostra creatività si rispecchia meglio?

Maku: Credo sia figlia del momento la creatività. Davvero. Te lo spiego dicendoti come ascolto musica. La mattina metto reggae se mi va, mentre sono in macchina con il mio amico metallaro gli chiedo di farmi ascoltare qualcosa che gli piace così imparo, se torno a casa stanco da lavoro mi suono qualcosa con l’acustica probabilmente di brasiliano. Insomma per dirti che la mia creatività si rispecchia nel camaleonte forse, anche se poi tendo a racchiudere tutto in una struttura rock. Che mi viene naturale. Anche Emidio è molto camaleontico. Il ritornello di “respirare” l’ha cacciato fuori pensando a Battisti per intenderci, che è un po’ distante da noi”

So che lo stesso titolo è il risultato di una ricerca anche interiore, non è solo la rappresentazione in numeri romani del secondo vostro EP

Maku: Il titolo è nato perché mi piaceva il simbolo II. Pausa, ma anche due, come me ed Emidio. Quando l’ho proposto ad Emidio ci siamo trovati subito d’accordo. Le ricerche interiori non le abbiamo fatte prima, semmai abbiamo capito dopo il senso di questo titolo. Sì sposava bene con il lockdown, fermarsi e magari capire alcuni nostri bisogni e sentirsi un po’ di più. Forse doveva nascere così proprio per il periodo, ma non mi piace fasciarmi la testa in questi pensieri. Suona ed ha un significato bello e sempre attuale per noi, mi basta :)”

Come avete trascorso il periodo di lockdown, considerando anche e appunto che eravate prossimi all’uscita dell’album?

Maku: Io ho chiuso la produzione dell’ep in anticipo rispetto ai tempi e poi ci siamo messi a promuoverlo da noi. Tutto in casa per davvero!

Emidio: Io diviso tra un profondo lavoro d’introspezione, silenzio, studio e ricerca, la conseguente scrittura di numerosi, nuovi testi, e dare una mano con la promozione dell’Ep”

Ora che si cerca di ritrovare una certa normalità, cosa vi ha lasciato quello che abbiamo attraversato, sia artisticamente che umanamente?

Emidio: io non credo che si ritorni alla normalità, non ho mai pensato che quella di prima lo fosse, non ci ho mai vissuto bene, e non ho buone sensazioni per ciò che viene. Sicuramente io non sono più, in personalità, chi ero prima, e inizio a rispettare di più chi scopro d’essere e a dargli una maggiore voce. Quello che abbiamo attraversato mi ha aperto gli occhi su una grande ricchezza interiore e una maggior consapevolezza nell’osservazione. Custodisco ancora più gelosamente momenti di silenzio e ascolto. E questo ha aperto le porte ad una maggiore creatività e ad una maggiore compassione per chi è ormai perso dietro l’oblio del meccanicisimo e la schiavitù delle pulsioni. Mi ha responsabilizzato maggiormente, invece, nei confronti di chi vuol liberarsi da queste catene”

Torniamo indietro, lo scorso anno è uscito il vostro primo ” “Super Legato Mantra“. Qual era l’ispirazione di base?

“Emidio: ‘Super Legato Mantra’ è stata una sorta di primo seme, dopo aver arato il terreno con il singolo “Gravità”.

Ci sono dentro tre germogli diversi e uniti, super legati, in quanto appartenenti alla stessa famiglia, allo stesso mantra, allo stesso messaggio, anche se ancora embrionale. Da questi semi sono nati cinque fiori e chissà quanti ne nasceranno, chissà quanti colori. Anche questo titolo è stato scelto da Maku, per unire le nostre due personalità: Super Legato se non sbaglio aveva a che fare con una chitarra e mantra perché mi vede come un guru e io glielo lascio pensare! hahah  

Siete soddisfatti del ‘mondo musicale’ in cui vi trovate?

Emidio: assolutamente no, e non parlo di generi. Il “mondo” in cui ci troviamo, e non solo musicale, che ne è solo un riflesso, è dominato dalla superficialità, da emozioni basse scaricate attraverso la musica, di pensieri bassi veicolati, anche dai giornalisti complici, dunque cocreatori di tutto questo, come fossero filosofia. Davvero siamo arrivati a parlare di tachipirina? Così in basso siamo scesi pur di vendere e venderci l’anima al mercato? Io credo che l’artista abbia una grande responsabilità. Arriva a molte persone. E credo nella ricerca. E intorno abbiamo superficie, lamentele, proiezioni, emozioni basse. Tutto ben regolato dalle leggi del mercato che vince sempre. Perché trova sempre dei complici, addormentati e inconsapevoli del potere che hanno. Senza scendere nel dettaglio: pagare per avere recensioni, per essere inseriti in playlist, dunque per spacciare una pubblicità per un’opinione. Quale meritocrazia? Quale ricerca? È ovvio che ci sia quello che c’è in giro”

Perché io spesso mi chiedo come mai tra i musicisti indipendenti ci sia tanta ottima materia e quindi ottime produzioni e ancor più tanta energia, rock, addirittura hard rock se non metal in alcuni casi, eppure le classifiche italiane continuano ad abbondare di canzoni di tutt’altro stampo. E’ possibile che si pensi che il pubblico italiano non sia in grado di sopportare del buon sano rock in tutte le sue sfumature? Che ci si debba accontentare di due o tre nomi di altra generazione?

“Emidio: il mio fervore sull’argomento ha risposto in parte nella domanda precedente. Bisogna pagare per essere ascoltati. È assurdo. Chi decide le classifiche? Sappiamo che vengono finanziate, come per tutto il resto. L’ascoltatore medio è distratto e si beve tutta la pappa che gli viene passata, la accetta, cerca anestetizzanti, dopotutto. Non si pone domande, non vuole riflettere, è faticoso. È stanco dal lavoro, come se fosse una giustificazione valida a tirarlo fuori da quella situazione. Usa la musica, come tutto il resto, come sottofondo per non percepire il proprio vuoto e la propria infelicità. So come si scrivono canzoni che “vanno”, “che funzionano”. So come prendere per il culo le persone addormentate. Continuerò però sempre ad aver rispetto per le anime disperate che abitano quei corpi. E mi piace farlo con il rock perché crea un attrito, mette alla prova, urla la verità senza mezzi termini. Anche se spesso urla solo superficialità, lamentele e emozioni di bassa frequenza e per questo ha, giustamente, una cattiva fama. A me piace cercare nell’underground, dove trovo realtà meravigliose. Siamo noi ascoltatori a dare potere a questo o quell’artista, invece lo lasciamo nelle mani di chi lo governa da sempre, a cui la qualità non è mai interessata. Chi dorme è complice di tutto questo, sempre. Motivo per il quale ho adorato il tuo blog, un’oasi nel deserto, grazie di cuore Patrizia!”

Emidio che complimento infinito mi fai!…

Ma dimmi dove è possibile trovare e acquistare il vostro “EP“?

In tutti gli store digitali, come sempre oggi!”

E il futuro della musica secondo voi o per voi, sarà inesorabilmente tutto riversato nel web? Streaming e similari?

La facilità di distribuire su Spotify e affini oggi è enorme, quindi per l’artista il futuro è questo, ma direi che è già presente. Il disco fisico è per gli affezionati come me che li colleziono ma ti dico che noi, facendo tutto in casa ed avendo i soldi contati, abbiamo scelto di evitare la spesa della stampa proprio coscienti di questo. Forse il prossimo lavoro lo stamperemo, ma preferisco investire i miei soldi in strumentazione per registrarci. Mi piacerebbe avere un cd fisico con le nostre musiche ma la vedo più come una vanità personale, i ciddí non si vendono più. Con i Laika abbiamo ancora i dischi in soffitta per intenderci. Io non faccio testo, ma compro una quindicina di dischi fisici l’anno. Il futuro è liquido, streaming”

A proposito… i live, per voi, che valenza hanno nel vostro percorso?

“Emidio: Con i Laika abbiamo suonato tantissimo ed ovunque ed è stata un’esperienza magica. Conoscere tante persone, vedere alcune che cantavano le nostre canzoni dall’altra parte della penisola, è stata un’avventura davvero impagabile. Live hai la possibilità di dare ancora più forza alla creazione, incarnandola attraverso la presenza, l’energia palpabile, e sei in contatto con una grande mole di emozioni, tue, prima durante, dopo, e di tutti i presenti. Per me ogni live è una cerimonia. Speriamo di poter presto tornare sul palco. Stiamo cercando un batterista, uso questo spazio per fare un annuncio, hehe, che soddisfi anche e soprattutto, le nostre esigenze umane. Non andiamo a suonare per dare sfogo agli istinti più bassi, il “sesso droga e rock’n roll” lo abbiamo lasciato da parte, per fortuna, non abbiamo più ventanni”

Ma non posso chiudere senza spiegare la radice del loro nome Hoka Hey. In sintonia con tutto ciò che si è detto nel corso di questa interessante conversazione, Hoka Hey è il grido di battaglia di Cavallo Pazzo e significa “Oggi è un buon giorno per morire!”

“Con un grido di battaglia, gli Hoka Hey si mettono in gioco, cantando al mondo intorno, del mondo che c’è fuori e di quello che c’è dentro”, si legge tra le loro note

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