L’Intervista: Fabio Mora, dopo i Rio, oggi viaggia da solo.

Sono un solitario “chi mi conosce lo sa” e ho sempre vissuto la musica come un ponte per buttarmi in mezzo alla mischia

Sorrido mentre mi preparo a scrivere di lui, perché al termine della chiacchierata, come poi leggerete, mi ha detto “Perdonami la prolissità, ho difficolta con la sintesi. Con le tue domande avremmo potuto scriverci un libro”…praticamente è come esserci guardati allo specchio! Sono un po’ prolissa anch’io, ma quando di fronte ho certi artisti, come fai a dire, questa è l’ultima domanda. Poi succede che nell’ultima risposta ci sia  quell’ elemento inedito che no, non può passare inosservato e quella che doveva essere l’ultima domanda, diventa istantaneamente la penultima.

Fabio Mora è un grande musicista con alle spalle, ma anche nell’attuale presente, un percorso che a me piace definire ‘rotondo’, pieno, duro, istruito.

Naturalmente parliamo di rock italiano, chi non ha mai ascoltato o visto i Rio, di cui Fabio Mora è sempre stato il frontman. Oggi oltre al percorso da solista è attivo un ulteriore percorso “Mora e Bronski”. Ma tempo al tempo.

Fabio Mora mi ha sempre interessato, proprio per la complessità caratteriale che traspare dalle sue performance, dalla sua voce. Emiliano romagnolo, terra dei più grande rocker italiani, lui stesso ne ha le caratteristiche e navigando nel web ho potuto approfondire alcuni aspetti che percepivo dal suo sguardo mai esplicitamente felice, da quella capigliatura ribelle. Un passato difficile e un’adolescenza.. appunto ribelle, dove la musica è stata salvifica.

 Il 25 settembre è uscito il primo singolo da solista, “Il mio posto migliore”

Che sensazione ti da viaggiare in solitaria dopo tanto tempo con una band, e con un gruppo anche piuttosto noto?

La differenza è relativamente poca, anzi pochissima, considerato il fatto che volente o nolente sono sempre “ahimè”, il portavoce di tutti i progetti di cui faccio parte. La faccia è sempre quella, il cuore anche”

Già nel comunicato, ho letto una parte delle motivazioni che ti hanno portato a fare un percorso parallelo alla band, tra cui anche il fatto che agli occhi degli altri tu maturassi già una personalità tale da supportare un percorso personale. E’ così?

“No, assolutamente! Questo viaggio in “solo”, come lo chiamo io, è un esigenza dettata dai primi mesi di questo nefasto anno che, nel momento in cui sto scrivendo purtroppo, non se ne vede ancora la fine. Sono un solitario “chi mi conosce lo sa”, e ho sempre vissuto la musica come un ponte per buttarmi in mezzo alla mischia. Un ponte che mi ha permesso, in tutti questi anni, di mantenere un equilibrio psicofisico diciamo “normale”.

Venuto a mancare questo, il resto è crollato, mi sono sentito destabilizzato. Come faccio di solito, quando non comprendo una situazione, mi chiudo a riccio e comincio a riflettere, per arrivare poi “dopo aver metabolizzato il tutto”, a tirare delle somme.

Certo è, che un momento così, vissuto nell’incertezza, inondato da informazioni contrastanti che arrivavano dall’esterno, dove il caos regnava sovrano, non è stato emotivamente semplice da gestire e domare…

Fortunatamente, sono dotato di un istinto di conservazione piuttosto sviluppato che ha reagito rilasciando riflessioni e pensieri a profusione…

E nel silenzio delle passeggiate mattutine col mio cane sono poi “come spesso accade”, diventate parole e melodie.

In un secondo momento “una volta più sereno”, ho cominciato a sentire l’esigenza di comunicare queste mie emozioni a chi, negli anni mi è stato vicino. A tutte quelle persone che da sempre ci hanno dimostrato un enorme affetto. Ai nostri fan.

Quindi confrontandomi poi, con gli altri ragazzi della band, mi sono reso conto che in quel momento, ero l’unico che sentisse quel bisogno, quella necessità di far sapere che c’eravamo, che c’ero.

E da li, con tutto il loro appoggio, ho deciso allora, di affrontare questo viaggio, da solo”

Un’altra spinta mi sembra di aver capito, sottolineata da te poco fa, è stata questa drammatica emergenza sanitaria. Quale clic è scattato in te e cosa in particolare te lo ha fatto scattare?

Come detto, nonostante io ami la solitudine, l’obbligo del distanziamento sociale mi ha veramente scosso. Cioè, finché liberamente, posso decidere di stare da solo è tutto ok, quando sono obbligato a farlo rischiando di diventare fuorilegge perché magari mi fermo a fare due chiacchiere con qualcuno e non posso nemmeno stringergli la mano, ecco, beh, lì, ho cominciato ad avere qualche disfunzione.

Sono una persona molto fisica, sento il bisogno, quando parlo, di guardare una persona negli occhi e non attraverso lo schermo di uno smartphone o di un computer. Devo vedere e sentire le emozioni su di un viso…dal vivo.

La mancanza di reale contatto, mi ha mandato in tilt… Ecco, anche il perché, ho detto di no a diverse interviste e ho preferito non suonare in rete durante il lockdown. Non sopportavo l’idea di non sentire l’energia che ti da un pubblico vero. So che mi ci dovrò abituare, che il futuro ci prospetta spettacoli e quant’altro in streaming, ma al momento, rimango ancorato al mio buon vecchio modo di fare musica “dal vivo”.

Inoltre, non da ultimo, per essere un frontman in solitaria sarebbe necessario anche ‘bucare il video’, come si dice e mi sembra che anche questa qualità non ti manchi.. l’ha mai commentata nessuno?

Beh, si, me lo sono sentito dire a volte. Ho dovuto fare di necessità virtù. Ma siccome l’esigenza di cantare è più forte di ogni altra cosa ho dovuto conviverci. Come nel parlare, comunicare…preferisco mille volte cantare. Anzi guarda, io canterei e basta.

Ma siccome sono quello che da più tempo è nella band e, anche la figura che bene o male sta davanti, gli altri hanno pensato bene, che fossi io ad essere il portavoce della band… :)”

Come per esempio ti ha mai detto nessuno che ricordi vagamente Renga?

Come aspetto? 🙂 Scherzo ovviamente! Si, mi è capitato anche quello. Renga è sicuramente un cantante molto dotato, un virtuoso.

Io mi discosto un po’ “vocalmente parlando”, cercando nella semplicità dell’espressione… Sono sempre andato alla radice del canto, allontanandomi dai virtuosismi che di solito nell’adolescenza, quando devi trovare ancora il tuo mondo vocale, hanno la meglio…Vivo il canto come un istinto primitivo, un qualcosa che mi permetta di comunicare velocemente quello che sento tra le righe di un testo, per trasmettere un emozione che solo a parole sicuramente, non riuscirei ad esprimere”

Navigando nel web e leggendo anche alcuni commenti che ti riguardano, ho trovato una bella riflessione, da chi evidentemente segue da tempo i Rio ed ora, te. Più o meno si diceva che tu, a differenza di altri, quando escono dai propri gruppi o come nel tuo caso avviano in parallelo una propria carriera, tendono a perpetrarne il genere musicale, mentre tu te ne sei scostato, generando proprio un tuo stile. Un bel commento direi, che ne dici?

“Che è uno dei complimenti più belli che mi hanno rivolto ultimamente. Dovevo allontanarmi dalle sonorità de i RIO, nonostante fossi uno dei membri fondatori, autore e compositore di alcuni brani della band! Quando scrivo, la mia mente si insinua tra le caratteristiche di un progetto. Qui, ero “solo”. Non c’erano Gio, Paddo e Bronski con cui confrontarmi.

Era giusto allontanarsi da quel mondo.  Come trovo sia giusto “artisticamente parlando” rinnovarsi quando, chiaramente, se ne sente il bisogno. La musica di permette di farlo, ed è meraviglioso! Ci sono talmente tante variabili, tante possibilità da sperimentare, perché ripetersi?

Per me era arrivato il momento di mettere nero su bianco quello che sentivo in quel momento così particolare. La voglia di stare bene. Più che mai. E volevo che tutti lo sapessero. Quale modo migliore, se non attraverso le parole di una canzone? Avevo un caleidoscopio di suoni, di idee per vestire questo nuovo brano…

Fino a pochi giorni prima dalla registrazione, ero ancora indeciso su quale strada intraprendere, come intenzione, come arrangiamento, come sonorità. Poi, come spesso mi succede, l’illuminazione. Un brano di qualche tempo fa, ascoltato quasi per caso ha fatto riaffiorare vecchi ricordi adolescenziali…

E mi sono detto “ecco”, è lì che voglio andare. È quello il vestito giusto! Attualizzando chiaramente il tutto. Il fatto che qualcuno l’abbia notato, mi rende veramente felice!”

Quali sono i temi che con più frequenza tratti nei tuoi testi?

“Non mi discosto mai troppo da quello che conosco. Da quello che ho provato sulla mia pelle. Racconto delle mie riflessioni, delle mie emozioni. Cerco di essere il più onesto possibile nei miei testi e, ti assicuro, non è per niente semplice.

Mettersi a nudo agli occhi degli altri può metterti in difficoltà a volte. Ma è l’unico modo che ho per comunicare come vedo e sento le cose. Per dirti, chi sono veramente

“Ma non finisci di stupirci, visto che in te, dietro te, convivono più strade. Dal 2014 anche quella di “Mora & Broski”. Un altro progetto dove lavori ad un sound ancora nuovo. Ce ne parli?

“Ah, ecco, qui la gamma dei colori si dilata sui bianchi e neri…:) Mora & Bronski è un’altra faccia della mia anima… Quello che io chiamo, il lato oscuro della forza! 🙂

Nel 2014 nella prima vera pausa artistica de i RIO in 15 anni di carriera, io e Bronski “autore, compositore e bassista della band”; ne abbiamo approfittato per rispolverare vecchie e profonde passioni.

Entrambi cresciuti a suon di blues, siamo andati a recuperare l’amore per questo “mai troppo antico”, genere musicale dall’angolo buio dove lo avevamo relegato.

Dandogli un nuovo spirito. Anche qui, vedi, abbiamo voluto allontanarci il più possibile dal mondo colorato de i RIO, immergendoci completamente in un universo di chiaro scuri…raccontando, appunto storie, che nell’altro progetto non avremmo mai potuto affrontare.

Dal 2014 ad oggi abbiamo inciso 3 album :“Naïf”, “2” e “50/50”. All’interno di questi album reinterpretiamo brani che sono alla base della musica afro americana e nostre canzoni originali, che fondono “appunto”, il sound primitivo delle radici del blues con il cantautorato della tradizione italiana, coniando un suono, uno stile tutto nostro denominato “Bluesautorato””

 E sei davvero il deus ex machina come si dice, e come tu stesso hai sottolineato all’inizio. Sei sempre tu a firmare anche i videoclip per entrambe le formazioni. Allora, in questo senso qual è il tuo ‘occhio’ come regista? E poi.. ‘non sei mai stanco?’

“Perso a volte, ma stanco mai…Perso perché fino a quando non trovo un idea, non ci dormo per giorni… A volte settimane… Sento sempre una grande responsabilità e cerco sempre di dare il meglio. Il caos è che quando cerco di dare un’ interpretazione attraverso le immagini entrando nei testi  delle canzoni, mi si aprono un ‘infinità di possibilità.

Nel tempo “nonostante io continui a girarci intorno per cercare ulteriori conferme”, ho imparato che, l’intuizione migliore quasi sempre è la prima! Solitamente mi baso su una visione che mi si apre come un film in cinemascope nella mente… Spesso irrealizzabile…

Ma una volta smussate alcune esigenze che mi porterebbero ad affrontare costi e produzioni holliwoodiane, la cosa diventa più abbordabile. Prima di arrivarci però, è un vero tormento”

Parliamo di nuovo del tuo primo singolo “Il mio posto migliore”.. una domanda mi sorge spontanea.. qual è il tuo posto migliore? Quello che descrivi nel brano?

Come dicevo, ciò che più mi ha destabilizzato negli ultimi tempi, è stata la mancanza di contatto. Quello vero, sanguigno, fisico. Circondato da cose che rendono la vita più facile e comoda “possiamo avere tutto ormai a portata di mano senza alzare il culo dalla poltrona”, quello che mi mancava di più, era un semplice e naturale abbraccio. 

“Il mio posto migliore”, è una canzone d’amore universale… Può essere interpretata in molti modi, ma io l’ho rivolta alle persone che amo, ai fan, al pubblico che ci segue da una vita, che sempre e comunque mi/ci circonda di affetto, agli amici, alla mia famiglia…

Al mondo della musica, quello in cui sono cresciuto e in cui voglio continuare a vivere. Ecco, sì, è lì mio posto migliore. Dentro alla musica

E ora? Come vedi il tuo futuro (oltre la pandemia)?

Questa è una bella domanda… Al momento, la confusione è sovrana. Cercare di programmare o anche solo pensare a qualcosa di concreto è impossibile.

Di giorno in giorno cambiano decreti, regole… Ci si dovrà sicuramente adattare. Io prendo quello che viene e sicuramente raggiungeremo presto una nuova stabilità. È fisiologico, naturale. Partirò da li. Magari ci metterò un po’ a metabolizzare il tutto, ma una volta capito il meccanismo lo affronterò con filosofia, come ho sempre fatto…te l’ho detto prima…voglio stare bene!”

Invece non posso chiudere se non ti chiedo qual è il tuo spirito di musicista in questo periodo, cosa pensi, cosa provi, cosa vorresti?

“Il mondo della musica sta cambiando velocemente… Nuove generazioni si stanno facendo strada. Comunicano in modo diverso. Hanno le loro esigenze, i loro sogni. Come è giusto che sia. Io comincio ad essere grande.

Cerco di nutrire al meglio quello che ho appreso fino a qui. Continuare a espanderlo se riesco. E renderlo al meglio. E’ una nuova stagione per me…ci ho messo tempo e sangue per capirlo. Vorrei riuscire a trasmettere questo con lucidità e coerenza. E se qualcuno avrà voglia di ascoltare capirà che un albero, per estendere sempre più verso il sole i suoi rami, ha bisogno di radici profonde”

.… questa è libera

“Ti ringrazio infinitamente per questa bella intervista…Perdonami la prolissità, ho difficolta con la sintesi. Con le tue domande avremmo potuto scriverci un libro. :)”

Sono io a ringraziare te, Fabio, per le risposte splendidamente rappresentative di ciò che senti come musicista, con qualche incursione nel tuo modo di essere, necessario per capire le tue sfumature.