L’Intervista: Il minimalismo e l’autenticità dei “Dopo Saturno” nel loro EP d’esordio “Tra l’abisso e il collasso”

E’ fresco di uscita il loro primo album, un concept album, 5 brani che si rincorrono su tematiche tra le più attuali. Si tratta di un duo alternative-pop, toscano, Riccardo Betti e Marco Lompi, chitarra, voce e synth e i cui arrangiamenti sono appunto volutamente minimali proprio per dare maggiore risalto ai testi ricchi di significati.

Si sono formati nel 2018, ma il loro vero esordio risale a parecchio tempo prima, tanto è vero che non li si può considerare davvero musicisti esordienti.

Dal 2018 ad oggi qualcosa è passata sotto i ponti. Quella più incisiva qual è stata?
 “Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma ciò che ha sconvolto tutto è chiaramente la pandemia. Abbiamo iniziato a scrivere brani in italiano a fine 2018 e quando eravamo pronti per iniziare a portare live la nostra musica, il Covid ha imposto un anno di stop al nostro progetto, come di fatto è successo a tutto il panorama musicale. In ogni caso “Tra l’abisso e il collasso” per noi rappresenta davvero un esordio, per quanto le canzoni siano effettivamente un po’ “datate”. È anche vero che questa condizione ci ha permesso di scrivere tante nuove canzoni per creare repertorio e presto torneremo in studio per registrare nuovo materiale”
 
 Credo che comunque a forgiare un artista siano i live e voi ne avete messi insieme un buon numero o sbaglio?
 “Esatto, la parte live per progetti come il nostro è fondamentale. Suonavano insieme già prima del progetto Dopo Saturno e ormai sono 10 anni che suoniamo l’uno a fianco dell’altro ed è senz’altro un punto di forza quando saliamo su un palco. Questa formazione come duo è comunque inedita per noi, perciò possiamo dire che anche il suonare dal vivo ha assunto il gusto di un nuovo inizio”
 
 Molto curioso, leggendo la storia del vostro album “Tra l’abisso e il collasso” scoprire che c’è tanto di voi, davvero, una sorta di breve biografia. Almeno due pezzi ve li siete dedicati, “Un lato poetico” e “Dietro nuove trincee”. Perché questa scelta, cosa vi ha ispirato?
  “Dentro l’EP c’è molta quotidianità, intesa sia come sfera intima che come contesto sociale. Il titolo dell’EP descrive a pieno questa polarità, la condizione di trovarsi in costante equilibrio precario tra l’abisso, ovvero la perdita nel mondo esteriore, e il collasso nel proprio mondo interiore. “Un lato poetico” descrive parte della storia dei Dopo Saturno, due amici che condividono un progetto e una passione comune “sognando l’oltremanica”, ma che si trovano nell’impossibilità di suonare a causa della distanza. “Dietro nuove trincee” è invece ambientata in un’auto nel cuore della notte, riporta una delle tante chiacchiere filosofiche fatte dopo la mezzanotte, con tutti temi vagamente esistenziali che però girano intorno al chiedersi dove possa essere la persona perfetta che ancora non c’è”

In ogni caso tutte e 5 le tracce sono intense nel “senso”, che a loro, avete voluto dare. Direi un ‘senso sociale’. Trattate tutti temi tra i più sensibili oggi.
 “Trattiamo temi sensibili e che allo stesso tempo ci stanno a cuore. Sicuramente le due canzoni più impegnate da un punto di vista sociale sono “Sea of Tranquility” e “Tra l’America e il Messico”, nelle quali vengono criticate rispettivamente il consumismo con il suo impatto sull’ambiente, e l’incoerenza di una parte di società filocristiana. La prima è ambientata in un futuro distopico nel quale l’uomo, distrutta la Terra a causa dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, porta con sé in un viaggio interstellare tutti i propri difetti, non avendo imparato niente dai propri errori. La seconda descrive il paradosso del modo di vivere di alcuni “Cristiani di facciata”, che passano dal coro in chiesa la mattina al coro razzista allo stadio la sera”
 

 Solo un pezzo è d’amore, di quell’amore classico, quello di coppia.
 “Sì, all’interno dell’EP c’è spazio anche per l’amore. “Crollare” è la canzone più intima dell’EP e racconta di una storia finita ancora prima che questa fosse realmente cominciata. Il tema principale della canzone però non è legato troppo all’aspetto emotivo della storia finita male, quanto al raccontare la fatica del doversi rimettere in gioco da zero. Per quanto possa sembrare triste, il messaggio che vogliamo veicolare è positivo: “non sarai tu a farmi crollare”.

Curioso ciò che ha invece fatto scattare in voi, se ho capito bene, la voglia di creare qualcosa di diverso, una specie di sfida replicante, considerando che a farvi riflettere è stata la web series “Kahbum”. La storia racconta, per chi non lo sapesse, della breve avventura di due musicisti che si incontrano in studio dove li attende una busta contenente un titolo. Da quel momento avranno 90 minuti per comporci una canzone. Cosa è scattato in voi?
 “Abbiamo visto la web series Kahbum e ci ha colpito tantissimo come esperimento, quindi abbiamo voluto replicare l’esperimento con un puro intento ludico. Sorprendentemente già le prime canzoni nate con questo metodo ci piacevano e abbiamo continuato. Era la prima volta che ci approcciavamo alla scrittura in lingua italiana. Nel tempo ci siamo sganciati da questo metodo ma “Crollare” è nata da una parola scritta in un bigliettino”
 
 Quella raccontata nella serie è la ‘Situazione’ topica per molti artisti. Trovarsi in un luogo dove poter liberamente parlare, scrivere, comporre, suonare. Non un happening, non un talent, forse un rinnovato “caffè letterario”. E’ una sensazione sbagliata la mia?
 “È una situazione molto strana, nella quale attraversi varie fasi, più o meno concitate. Ciò che distingue quest’esperienza e la renda una vera e propria sfida è la presenza del tempo limite nel quale l’opera deve nascere. Quindi caffè letterario sì, ma con un fattore di pressione esterna”
 
 Per arrivare invece al sound decisamente minimale. Come mai questa scelta?
 “La scelta del sound è da una parte voluta e dall’altra è la risposta alla nostra volontà/necessità di suonare da disco e dal vivo esattamente alla stessa maniera. Siamo in due e con due strumenti suoniamo, scriviamo e incidiamo. In studio non ci sono sovra incisioni, ad eccezione di un paio di cori, e quello che si sente sul disco siamo in grado di riprodurlo alla stessa maniera live. In più ci piace l’idea che i testi siano il centro focale dei brani e quindi un sound spoglio, minimo ed essenziale aiuta nel non fornire troppe distrazioni rispetto ai messaggi che vogliamo comunicare”
 
 E’ sempre stato così il vostro suono?
 “I Dopo Saturno per ora hanno avuto sempre questo suono ma stiamo cercando di arricchire i colori della nostra tavolozza. Vogliamo sperimentare nuovi suoni per nuove composizioni, abbiamo aggiunto ad esempio un archetto da violino con il quale suonare la chitarra elettrica e stiamo dando profondità al synth. Quello che non cambierà è la componente minimale che è alla base del progetto
 
 Una domanda che faccio spesso: nel vostro mestiere, qual è l’ostacolo più difficile per poter farsi largo?
 “Nel nostro mestiere ci sono tantissimi ostacoli, in primis il fatto che purtroppo non è il nostro mestiere. È difficilissimo vivere di musica, anche per chi ha progetti più affermati, e quindi soprattutto per band come la nostra. Questo fa sì che il tempo che uno dedica alla musica all’interno della giornata sia relegato alla sfera del tempo libero, arrivando spesso a produrre o a suonare dopo cena come ultimo sforzo della giornata. Oltre a questo, chiaramente ci sono anche altri aspetti da considerare. La difficoltà nel trovare posti in cui poter suonare live la propria musica: già prima del covid questo aspetto rappresentava un ostacolo, con molti locali che smettevano di fare musica dal vivo o che magari facevano suonare solo cover band. Adesso la cosa si è aggravata ulteriormente”
 
 Cos’è oggi, secondo voi, la musica indipendente, questo ambito ‘indie’ il cui termine sta andando tanto di moda?
 “Sta andando così tanto di moda che parte di questo ambito “indie” non è più davvero “indie” ma è proprio solo ed esclusivamente “pop”. La musica indipendente dovrebbe sperimentare, alzare il livello rispetto alla proposta mainstream, trattare temi più scomodi e meno paraculo. Non inseguire i gusti ma dettarli, mentre adesso il mondo dell’itpop si autoalimenta con suoni e poetiche sempre uguali”
 
 Questa è libera

“Quello che vogliamo comunicare lo mettiamo dentro le canzoni. Per chi fosse curioso potete trovare l’ep su tutte le piattaforme. Poco da dire, molto da ascoltare