L’intervista: MARIA DEVIGILI, dopo il lockdown torna con “La Rivoluzione Indolore”

Dopo un anno e mezzo di sofferenze e restrizioni causate dalla pandemia, finalmente la musicista trentina esce con una nuova produzione. Dal 15 giugno scorso è su tutte le piattaforme streaming il nuovo singolo “La Rivoluzione Indolore” che vede la produzione artistica di Giuvazza Maggiore (Eugenio Finardi, Levante), tutto sotto l’etichetta Cardio.

Da tempo seguiamo Maria Devigili che è sempre riuscita a soddisfare le aspettative sulla sua produzione. Perciò, oltre a non averla mai persa di vista, neppure in questo lunghissimo e interminabile periodo in cui la musica, particolarmente nelle sue espressioni live, è stata totalmente congelata, non potevamo avere il piacere di averla ancora nostra gradita ospite anche perché, in questa sacca di ‘tempo frizzato’ ha impegnato gli spazi largamente vuoti lavorando nei campi. Ma quanto sarà stata libera questa scelta? Sarà lei a rispondere nel corso del nostro incontro. Ma oltre a questo interrogativo Maria Devigili ne solleva un altro, più universale, che ispira il suo nuovo pezzo: “Può la rivoluzione essere indolore? Si può veramente dare una svolta alla propria vita o alla società senza lottare o senza rischiare di perdere l’approvazione da parte degli altri? Può la rivoluzione essere un tormentone estivo da ascoltare comodamente sotto l’ombrellone?

Finalmente Maria una novità discografica. Quanto tempo fa hai iniziato a lavorarci?

Esattamente 1 anno fa, nel giugno 2020 durante il mio blocco in America.  Sono partita da un beat imponente e incalzante su cui ho creato un giro di chitarra distorta, bluesy e piuttosto bassosa. Poi è arrivato il resto. Nel giro di poco tempo era già delineata. L’unico mio cruccio era la parte chitarristica del ritornello, c’era qualcosa che non mi convinceva sia nel suono che nella cadenza ritmica delle chitarre e infatti ho provato a farlo in diversi modi, inizialmente con la chitarra acustica, poi sia con l’acustica che con l’elettrica, ma no, non mi convinceva. Già la scorsa estate avevo pensato che Giuvazza avrebbe potuto aiutarmi a uscire da questa empasse ma, nello stesso tempo, non avevo intenzione di rilasciare singoli o album, ero presa da altro e quindi ho semplicemente messo in stand-by la canzone, cruccio compreso. Con il senno di poi, credo che il mio “ostacolo” sia stato che il brano mi richiamava La Vasca di Britti.

Per quel motivo mi ero convinta che il ritornello dovesse essere fatto con la chitarra acustica e con un certo andamento. Eppure come mi ostinavo a farla mal si sposava con il resto del brano che è essenzialmente elettrico e distorto”

Un testo significativo che nasce dall’osservazione della società, un’immersione nella realtà. Cosa ha ispirato questo nuovo brano?

Il testo risente del particolare periodo storico in cui stavamo vivendo lo scorso giugno, sia negli Stati Uniti che nel mondo. La pandemia, la crisi economica globale, il contraccolpo psicologico di diversi mesi di lockdown e come se non bastasse, l’uccisione dell’afroamericano George Floyd per mano di un poliziotto nel maggio 2020, hanno portato ad uno scoppio di “rivolte” a catena in tutti gli Stati Uniti, molte volte pacifiche, altre meno. In particolar modo, sono rimasta colpita dal modus operandi del movimento della “rivolta delle statue” , una sorta di estremizzazione della filosofia del politically correct che da diversi anni ha preso piede in America.  I rivoltosi delle statue auspicano la rimozione storica di fatti e personaggi che nel passato hanno portato dolore e ingiustizia all’umanità ma non si tratta solo di far fuori statue ma anche di cancellare la storia. E’ di pochi mese fa la notizia che in una scuola del Massachusset è stata letteralmente cancellata l’Odissea di Omero dal programma scolastico in quanto razzista e sessista.   Ma non solo, si sta parlando di togliere dai cataloghi d’arte dei musei opere di Gauguin perchè, e non è mai stato un mistero, ha  avuto relazioni con le ragazze polinesiane da lui ritratte.

Foto di statue imbrattate e decapitate con manifestanti festanti a caccia del miglior selfie erano all’ordine del giorno sui tabloid americani di quel periodo.  Da europea amante dell’arte, della storia e delle sue lezioni nel bene e nel male,  ecco sono rimasta letteralmente senza parole nel vedere attorno a me accadere tutto questo. In realtà le parole le ho trovate, un po’ sarcastiche forse, e sono quelle de La Rivoluzione Indolore.

Il sound mi sembra essere sempre il tuo, ricco di richiamo internazionali, ma considerando tutto il tempo che trascorri all’estero, negli Stati Uniti in particolare, questo è naturale.Cosa senti di aver preso o appreso stando tanto tempo fuori dall’Italia?

“Be’,  devo dire che anche quando vivevo solo in Italia mi si diceva che avevo un sound poco italiano ma mi si diceva che avevo un sound british (credo per via del Vox e della telecaster). Penso si tratti semplicemente di quello che si ascolta e infatti non è raro che ci siano musicisti italiani che, sebbeno non abbiano mai lasciato la propria provincia, ascoltano solo musica inglese e compongono in inglese.

Vivere in America ha avuto sicuramente un certo impatto sulla mia musica, in qualche forma. Anche il fatto di parlare sempre in inglese (con Robert) ha sicuramente cambiato il mio lessico. Non lo dico con particolare gioia o soddisfazione, anzi, ma è un dato di fatto che ormai penso in inglese, parlo anche tra me e me in inglese e di conseguenza il mio vocabolario italiano è diverso.

Forse un altro fattore che può avermi influenzato è il fatto che tutto quello che c’è di nuovo viene da lì o perchè scopro e ascolto artisti prima che arrivano ad essere famosi in Italia. Penso ad esempio a Lizzo che ho “conosciuto” grazie al Coachella Festival in Californina nel 2019 (ora è famosissima in America ma non molto in Italia) o a Tyler the Revelator che ho ascoltato un bel po’ l’anno scorso dopo che ha vinto il grammy per il miglior album rap dell’anno. In America sono famosissimi artisti che noi in Italia non ci filiamo neppure di striscio. Parlo degli artisti country, considerati quasi come semi-dei ma anche dei rapper, soprattutto le rapper donne. Lì alcune sono molto famose, come ad esempio Megan Thee Stallion che ha vinto diversi Grammy lo scorso marzo. Però non mi pare sia neanche minimamente ascoltata in Italia” 

Come produttore hai un nome importante, Giuvazza. Avete collaborato altre volte insieme?

“Come dicevo, già 1 anno fa avevo avuto pensato che Giuvazza potesse essere la persona giusta per produrre questo pezzo  ma, appunto, avevo lasciato tutto in stand-bye. A gennaio di quest’anno, proprio lui, mi ha contattato chiedendomi se avevo nuovo materiale e se mi andava di collaborare come abbiamo fatto in passato, con il disco Tempus Fugit (2018) di cui ha curato la produzione artistica di qualche brano. In men che non si dica, gli ho mandato il demo de La Rivoluzione indolore e gli è piaciuto subito”

Perché lui?

“Mi piace Giuvazza perché prima di tutto è un artista ma è anche una persona che capisce e rispetta l’universo degli altri artisti con cui collabora, evidenziandone le qualità e smussandone le asperità. Mi piace molto anche il lavoro che ha fatto con Elektra e con Denise Battaglia, due altre cantautrici con cui ha collaborato”

La pandemia è stata complicata anche per te, non sei potuta tornare in Italia per tanto tempo. Da quando sei rientrata?

Eh sì, l’anno scorso sono rimasta bloccata negli Stati Uniti 6 mesi a causa della pandemia e delle cancellazioni a catena degli aerei. Sono tornata da 1 anno ma a dire il vero mi sembra ancora di essere bloccata in un limbo e non è tanto una metafora dato che solo pochi giorni fa ho lasciato, per la prima volta dopo 1 intero anno, la provincia di Trento. Autunno, inverno e primavera senza concerti sono stati lunghi. Ho composto qualche nuova canzone, questo sì” 

Attualmente sei impegnata nella raccolta di frutta in Trentino. E’ stata una scelta impegnarti in questo modo, anche molto faticoso e chissà se almeno soddisfacente sotto l’aspetto economico, oppure è stata la crisi del settore musicale causata dalla pandemia che ti ha costretta a fare questa scelta?

Da qualche anno, se mi trovo in Trentino, tramite passaparola, vado a lavorare in campagna da contadini della zona, solitamente qualche settimana a settembre per la vendemmia. Devo dire che il lavoro della musicista si presta(va) molto bene a sporadici lavori stagionali. Aggiungo anche che la natura è sempre stata una grande fonte di ispirazione per i miei pensieri musicali e filosofici.

Nell’agosto 2020, sempre a causa del covid, c’è stata moltissima richiesta di braccianti agricoli locali in quanto la manodopera proveniente dall’Est Europa (Romania, Polonia etc), è diminuita molto. E così lo scorso agosto-settembre-ottobre mi sono ritrovata a lavorare, oltre che nelle vendemmie, anche nella raccolta delle mele. Gli stessi “contadini delle mele” mi hanno richiamato a lavorare lo scorso mese per fare il diradamento, un lavoro che non avevo mai fatto e che ora sono felice di aver imparato. Ovviamente in tempi normali, tempi in cui suonavo molto e viaggiavo in lungo e in largo, sarebbe stato difficile lavorare così tanti periodi in campagna, proprio perché ero spesso altrove.

Lavorare in campagna è faticoso e neppure così salutare come le persone credono (oltre a stare tantissime ore sotto il sole cocente, si respirano e si toccano polverine, pesticidi e altre sostanza chimiche costantemente).  Però lo preferisco ad altri lavori e soprattutto lavori con belle persone,  semplici e dirette”

Ed ora? Come stanno andando le cose per te Maria? Cosa c’è all’orizzonte?

Come spesso capita, sto facendo molte cose e anche l’orizzonte è bello denso. Già da febbraio, sto facendo un programma radiofonico sull’emittente bolzanina Radio Tandem, intitolato Ecce Cantautrice e dedicato all’universo cantautorale femminile italiano e internazionale (creato e curato  da me).  Poi, proprio in questi giorni, sto girando il video de La Rivoluzione indolore e conto di rilasciarlo non appena sarà pronto. Inoltre, c’è il progetto, sempre quest’estate di fare il video di Marte, un singolo che è uscito nel disco partecipativo dal titolo XX del musicista e producer milanese Stefano Giovannardi. In questo caso farò solo l’attrice e non la regista come mio solito. La regia sarà di Luca Lezziero, tra l’altro, anche lui cantautore. Oltre  a questo, ho il progetto di produrre il singolo di un artista italiano che trovo molto interessante ma non voglio ancora anticipare il nome.

Dulcis in fundo: riprenderò in mano alcune mie nuove canzoni che ho composto a inizio anno per cominciare a pensare ad un nuovo album.  Poi, da agosto, si torna in campagna, almeno fino a ottobre”

Questa è libera:

Grazie di dedicare cura e attenzione sugli artisti che in questo periodo, più di altre volte, si sentono un po’ abbandonati a se stessi”