L’Intervista: SILVERSNAKE MICHELLE, poliedrica rock woman

L’Intervista: SILVERSNAKE MICHELLE, poliedrica rock woman

Sono rimasta affascinata dalla sua grinta e dalla sua teatralità. D’altronde le origini attoriali hanno lasciato un’impronta decisa come potrete vedere attraverso i suoi videclip. Nel frattempo, in piena emergenza Covid 19, il 21 aprile scorso, ha pubblicato il suo quarto lavoro  “The Mother Code”, 2020 per l’etichetta discografica Areasonica Records

Sono passati ormai oltre 10 anni dall’inizio della tua carriera artistica, che in effetti prende il via su ‘altre note’, quelle della recitazione. Com’è stato quel periodo? E come è nata quella passione?

Cominciai a studiare recitazione verso i 17 anni. E’ stato un periodo intensissimo di crescita interiore. Con il teatro devi affrontare le tue emozioni, il tuo passato e i tuoi traumi. Devi essere molto saldo altrimenti crolli. La passione nasce fin da quando ero piccolina e osservavo molto le vite degli altri, ne ero così affascinata ed empatizzavo a tal punto che volevo sentire cosa provavano le altre persone.  L’ingordigia dei bambini….volevo vivere più vite contemporaneamente

Lo step successivo è stato quello di scoprire invece la tua voglia di fare musica. Un passaggio che non sarà l’unico nella tua carriera che si è continuamente arricchita di fasi, anche musicali. Quando hai capito di amare la musica e di volerti dedicare a questa arte?

Dunque con la musica ho sempre avuto un rapporto unico. Mi rilassava cantare. Mi trasportava in un mondo fantasioso dove mi rifugiavo quando le cose fuori non mi garbavano. Mio fratello più piccolo di me, studiava pianoforte e io lo “costringevo” a comporre canzoni insieme a me. Canzoncine certo, ma ci divertivamo…perlomeno io 🙂

Nel 2012, dopo oltre 20 anni, ripresi una di quelle melodie e mi dissi ma perché non provo a scrivere un testo adulto? Nacque la mia prima canzone “Silversnake“, un inno ad una nuova vita e una nuova identità. Mollai il mio vecchio lavoro per dedicarmi alla musica anima e cuore”

Non mi sembra però che tu abbia lasciato del tutto l’arte della recitazione, c’è molto di ‘teatrale’ in te, un impatto fisico non casuale

“Molto vero. Musica, danza e teatro viaggiano insieme. Non riesco a vederle slegate. Il simbolismo è presente in ogni movimento che collega note e parole. Nulla è lasciato al Caso. Il teatro rappresenta la vita e la musica è la sua colonna sonora”

Perdona la domanda scontata, ma come è avvenuta la scelta del nome d’arte? Perché con la musica arriva appunto anche un nuovo nome, tra l’altro intriso di simboli o significati

Questa domanda mi piace sempre un sacco…perché do un peso enorme alle parole e al loro significato anche recondito e simbolico. Per cui la scelta di un nome è importantissima. Ma è anche molto istintiva, non ci ho pensato su molto. E’ come se una forza interiore mi “battezzasse” con questo nome. E’ la somma delle mie due parti Micaela quella più timida, più bambina e l’altra più donna, più arrabbiata e provocatrice…

Parto da Michelle, che oltre a essere la traduzione del mio nome Micaela, è una auto-dedica della canzone Michelle dei Beatles. E ora veniamo alla Silversnake. Serpente argenteo. Il serpente è un animale primordiale, solitario, seduttivo e peccatore. Il Bene e Il Male in un unico essere…insomma  il Tutto. Muta costantemente e mi svincola da schemi musicali, d’immagine. Rinasce ed è icona divina. L’argento è legato molto al culto della luna e al femminile. Metallo sacro in alcune popolazioni orientali”

Al tuo attivo hai 4 album, l’ultimo è freschissimo, appena uscito si potrebbe dire, ma ne riparleremo tra qualche riga. Com’è cambiato il mood che si respira nella tua produzione? Ci sono stati anche in questo caso alcuni passaggi, ma certo non uno ‘strappo’

Il mood è in apparenza, perlomeno musicalmente, scanzonato. Rispecchia il momento interiore. Più leggero. Si stacca dalle produzioni precedenti , ma sono sempre io. Ho messo un vestitino più …”fresco” , ma chi lo indossa è sempre Silversnake. Lo stile dei testi è rimasto lo stesso. Simbolici, criptici, crudi e spietatamente schietti. Anche le immagini che accompagnano le canzoni sono surreali e metaforiche”

Più ti ascolto cantare e più ascolto i tuoi brani, più mi torna in mente una rock woman anni ’80 statunitense. Hai mai sentito parlare di Pat Benatar? Trovo che tu abbia molte ‘assonanze’ con lei e a me non può che piacere molto. Trovo straordinaria Pat che ho adorato sin dal primo momento che l’ho scoperta. E’ rimasto purtroppo un ‘prodotto’ soprattutto statunitense, peccato. Ma in alcuni brani ritrovo tanto Madonna.

“Pat Benatar la conosco; spesso mi han paragonato a lei. Mi piace molto  lei, il suo stile e la sua voce e pensa  che quando ero adolescente non la conoscevo. Il mio idolo indiscusso era Madonna. Adoro i suoi primi lavori. A seguire gli Europe. Ero abbastanza in fissa con loro. Dai 17 anni ho aperto le vedute e iniziato ad ascoltare molto altro

Ogni album collaborazioni importanti, a confermare la qualità del tuo lavoro. Ti sei mai chiesta perché personalità come la tua con una preparazione come la tua, l’ottima produzione musicale, non abbia ancora un posto al sole, come si dice, puntando alle classifiche e/o alle major?

“Si me lo sono chiesta in passato, con svariati punti di domanda e intensi momenti di frustrazione a guardare alcuni artisti e produzioni delle major, lo ammetto. Ho cercato molte risposte. Forse per età, forse per il fatto che canto in inglese, forse perché non arrivo da un talent …Un mio caro amico poco tempo fa mi disse “tu sei avanti 100 anni rispetto al mondo, forse per questo è così difficile capire te e la tua musica“. Non lo so sinceramente.  Ma non ci penso più e lascio fluire. Que Sera, Sera

Non tutte le stelle brillano allo stesso modo…ma brillano :)”

Che rapporto hai con il mercato discografico?

“Secondo me i mercati discografici sono almeno due. Uno appartenente alle major, e con questi non ci sono rapporti anche per il modo in cui oggi reclutano gli artisti. (Talent fondamentalmente)

L’altro appartiene alle etichette indipendenti  che lasciano l’artista libero di creare, di avere la sua identità e lo supportano…(non tutte eh…alcune scimmiottano le major e quelle sono da evitare accuratamente. Se poni dei vincoli e delle modifiche alla mia Arte devi almeno avere il Potere e i Soldi per spingere l’artista in cima alla vetta.)”

Dedichiamoci ora al tuo nuovo album “The Mother Code”. Brani davvero belli, un suono rock chiaro, voce limpida con grinta, ritmo sostenuto in quasi tutti i brani. Come è nato e quanto ti ha impegnata?

“Ti ringrazio. Mi ha impegnata molto, oltre un anno. Ho voluto sperimentare accostandoli al rock di base, altri generi come il rap. Io adoro il rap. Scrivere rap in inglese non è uno scherzo. Ma ho voluto fare una prova. Inoltre ho fatto una grande ricerca sulla voce. Talmente importante che ho voluto scrivere un brano solo voce “Just a name“. Cercavo una voce tutta mia. Accesa. Adulta, matura, leggera. Dolce e severa, ma non urlata. Non in questo album. Non in questi brani. Volevo raccontare delle cose e sentire vicino il pubblico. Se si urla l’approccio è diverso. Volevo condividere, oltre che esprimere”

Ci sono aneddoti che puoi legare a questa produzione musicale?

“Uno in particolare. Era una domenica mattina. Vado in studio e dico al mio socio arrangiatore Daniele che avrei ricantato le voci di “The Empty fullness“. Partiamo a registrare alle 10 del mattino e mi prende la “sindrome del dettaglio”. Non riuscivo a trovare l’intenzione. All’alba delle 17 vedo Daniele stramazzato sul mixer  che mi guarda e mi chiede con voce flebile (non so se perché debole per carenza di zuccheri o perché ero agguerrita come una Gorgone e temeva una distruzione col semplice sguardo)  se potevamo pranzare. Non mi ero neanche accorta del Tempo che scorreva, talmente ero immersa nel lavoro

Silversnake Michelle

Con l’emergenza sanitaria da Covid 19 hai subito variazioni di percorso, su uscite, produzioni, etc… La tecnologia in questo caso ha sostenuto l’uscita dell’album?

“Con questa emergenza l’album è uscito un mesetto dopo la data prevista, per riorganizzare al meglio le cose. Non ero dell’idea di rinviare a data da destinarsi… quando le cose miglioreranno.  Non ne vedevo proprio il motivo e non vedevo una data soprattutto. Un rinvio ulteriore artisticamente mi avrebbe frustrato parecchio,  perché si sa che noi appena scriviamo una canzone abbiamo la frenesia di diffonderla e la sentiamo già vecchia prima ancora che l’album sia uscito. Il supporto della tecnologia è stato determinante, poiché ci ha permesso di comunicare l’uscita e la diffusione delle canzoni”

Se ti chiedessi di descrivere l’anima di The Mother Code, come lo faresti?

“L’anima di questo lavoro è legata al concetto della Terra. Nostra Madre. La pietra è uno dei simboli che ricollego alla terra, come anche il serpente. Lo descrive simbolicamente la copertina dell’album. Nasciamo dalla terra, siamo sui figli e torniamo in essa al termine del nostro percorso circolare. Il mood è osservare percepire e ascoltare i suoi battiti e i suoi racconti per tramandarli e ricostruire un ordine nuovo”

In questi 10 anni dedicati alla musica c’è stato un evento o un incontro determinante?

“Per me è stata decisiva l’esperienza americana, il loro modo di vivere la musica. Mi ha aperto gli occhi e mi ha liberato da quegli schemi molto più stretti presenti qui in Italia. Ho capito quanto fosse importante essere se stessi, con i propri pregi e difetti. Di quanto rispetto vi sia per gli artisti grandi e meno conosciuti e sommersi  (non uso il termine emergente perché non mi piace proprio)”

Nel 2014 infatti  Silversnake Michelle partecipa alla trasmissione televisiva statunitense Live From Center Stage, dove si esibisce accompagnata da artisti del calibro di Charles Berthoud e Greg Baker (batterista di Village People e Sister Sledge).

Nel 2015 si dedica quindi alla produzione del secondo album “Her Snakeness”, che vede la collaborazione al mixing e agli arrangiamenti di Marcello De Toffoli (Umberto Tozzi). Un disco in cui l’artista si cimenta con sonorità dal sapore spiccatamente progressive rock, che vedrà la luce nel 2016.

Come hai vissuto questo lungo periodo di isolamento?

“L’ho vissuto in modo introspettivo e silenzioso, scrivendo musica, articoli. Niente concerti  online, non lo trovo appropriato. Solo silenzio. Avevo bisogno di fermarmi. E sinceramente a casa sto bene. Si ridisegnano le priorità e si comunica con se stessi. Si dà un grande valore al Tempo. Si dà un grande valore al nostro passato e alle persone con cui viviamo. E quando guardo mio figlio dodicenne, tutto questo è accompagnato da un senso di inquietudine costante per come sarà il mondo per loro e cosa si stanno perdendo

Non ti ho chiesto di dove sei? Geograficamente parlando dove sono le tue radici?

“Sono nata a Torino, ma le mie radici sono pugliesi”

Hanno mai influito sulla tua musica?

Probabilmente sì, non tanto come stile, sonorità o lingua. Ma in qualcosa di più profondo legato alla storia di quei posti. Siamo nella Magna Grecia terra di grandissima cultura, ma anche combattiva. I miei nonni abitavano a Taranto, città spartana. La mia musica affonda qui la sua passione: in una  teatralità “guerriera” e malinconica dei testi e della melodie stessa

Il tuo sogno o il tuo obbiettivo?

“Il mio sogno, che vivo quasi come una  missione, è una visione molto semplice e a tratti infantile.. ridipingere un nuovo mondo, attraverso l’arte”

questa è libera..

Ti ringrazio per l’intervista e ti parlo in musica dedicandoti gli ultimi versi di Blue Glue  (a proposito di stelle):

“You must be proud and strong of your light

It blinds the wrong and always brights the right”